La differenza tra coworking e uffici privati

Qual è la differenza tra un coworking e uffici privati? Per dare una risposta a questa domanda, analizziamo il tema dal punto di vista del benessere psicofisico di un lavoratore. Per sentirsi bene in un ufficio, come in un qualsiasi altro ambiente di lavoro, è necessario trovarsi effettivamente in una condizione psicofisica ottimale.  Questo tipo di benessere è possibile solo se la persona in questione riesce a trasformare le cosiddette emozioni distruttive in energia positiva.

Spesso accade che all’interno di un ufficio privato vengano a mancare relazioni dinamiche, punti di vista diversi che possano provenire da settori diversi, e il risultato è quello di sentirsi rilegati in una realtà univoca senza alcuno stimolo dall’esterno. Inoltre, la prassi vuole che nella maggior parte dei normali uffici ci si ritrovi a lavorare soli alla propria scrivania senza un contatto (specie per alcune mansioni) con altri professionisti.

Questo può, di fatto, generare stress e rompere il nostro armonioso stato psicofisico che di conseguenza potrebbe portare il lavoratore a performare peggio e ad avere molta meno energia da dedicare ai propri compiti. Uno degli obiettivi principali delle aziende è quello di aumentare la produttività, concentrandosi sui fattori più importanti che la influenzano ma dimenticandosi che tra essi vi è proprio il benessere delle proprio persone. 

E un coworking invece?

Proprio in questo senso, l’obiettivo di un coworking è molto simile a quello dell’azienda, ma esso sceglie di mettere al primo posto gli abitanti dei suoi spazi. È quindi importante per raggiungere un buono stato psicofisico, trovarsi all’interno di un ambiente curato nei minimi dettagli: dalla qualità dell’aria a quella della luce, dal controllo della temperatura alle limitazioni del rumore di sottofondo. Per dare il massimo, un lavoratore deve riuscire a sentirsi bene a 360 gradi. E cosa c’è di meglio, per raggiungere tale obiettivo, se non uno spazio fatto su misura per te e per le tue esigenze?

In Coworking Lab per esempio puoi scegliere dove, come e quando lavorare, vista la naturale flessibilità dello spazio e dei suoi orari con accessi autonomi. Sono tanti i punti da non trascurare se si vogliono avere persone produttive e felici all’interno dei propri ambienti, come per esempio: 

  • il comfort acustico 
  • l’ergonomia spaziale 
  • la creazione di un microclima adatto
  • il giusto bilanciamento tra luce naturale e luce artificiale 
  • e la varietà sensoriale data dalla diversificazione spaziale.

Insomma gli ambienti di lavoro devono essere studiati appositamente per chi li vive quotidianamente e in un’ottica di benessere generale.

La community

Ma il vero focus viene posto sul tema delle relazioni tra persone. La linfa vitale, propria di ogni coworking, è la community. Grazie ad essa le ore di lavoro diventano più produttive, stimolanti e di conseguenza più proficue. La contaminazione di idee, la rete di contatto che si evolve anche durante un semplice caffè in compagnia, la possibilità di networking in qualsiasi momento della giornata, la nascita di nuove collaborazioni tra professionisti diversi, ci danno la possibilità di non sentirci mai soli e isolati. Nel coworking esistono solo relazioni di reciprocità, si tratti di tempo, competenze o di un’informazione al volo.

Tutto questo definisce i coworking come simbolo di una nuova rivoluzione, che spinge le aziende in modo diretto a interessarsi a queste realtà e a volerle sperimentare.

Colori e spazi lavoro: come scegliere quelli giusti

Il benessere delle persone all’interno degli spazi lavoro è diventato ormai una priorità. I luoghi adibiti ad attività lavorative vengono vissuti un gran numero di ore al giorno, perciò devono essere strutturati in maniera tale da rispondere alle esigenze degli individui che li abitano e alle attività che si svolgono al loro interno.

Gli uffici devono dunque essere studiati sotto diversi aspetti. Uno di questi è il colore. I colori scelti per le pareti dei nostri uffici, delle aree break, delle cucine, infatti, possono incidere in modo importante sul nostro umore e sulla nostra produttività. Essi sono in grado di generare emozioni e reazioni diverse nelle persone. Ma esattamente come?

Cromoterapia e uso corretto dei colori negli spazi di lavoro

I colori sono dunque in grado di condizionarci, ma come?  Vediamo insieme alcuni esempi pratici.

Secondo la Cromoterapia, una medicina alternativa che utilizza i colori per aiutare a trattare disturbi di diverso tipo, in un’area operativa stimolante devono essere presenti colori caldi.

Colori come il rosso e l’arancio, che accelerano la circolazione sanguigna e aumentano la vitalità, sono tonalità perfette per aree che vogliono essere energiche e stimolanti per le persone che le vivono. L’intensità del rosso, nello specifico, va dosata con parsimonia in modo da dare il giusto vigore alle pareti dell’ufficio ma senza incorrere in un’atmosfera stressante o produttrice di rabbia.

L’allegria dell’arancione, invece, stimola la creatività e diventa quindi il colore più indicato per sconfiggere la fatica e lo stress di un’area operativa. Ottimale è la combinazione dell’arancio con un verde luminoso. Insieme stimolano atteggiamenti amichevoli, proattivi, che facilitano il coinvolgimento mentale su nuovi progetti.

Per un’area più dinamica dell’ufficio il colore perfetto sembra essere invece il giallo. Il colore più radioso per eccellenza, che agisce sulla parte sinistra del cervello, stimolando l’apparato locomotore, la sfera intellettiva e favorendo funzioni mentali come l’attenzione e l’apprendimento, riducendo la sonnolenza.

Quali colori usare per aree relax e sale riunioni 

Le colorazioni fredde hanno il potere di rallentare la pressione sanguigna e la respirazione, favorendo il rilassamento. Per esempio l’azzurro, da sempre associato alla meditazione, genera un effetto rilassante, regala un senso di pace e di serenità.

Il verde, colore simbolo dell’armonia, della natura e dell’equilibrio, è il colore della spinta verso il proprio benessere. Quest’ultimo è consigliato anche per sale riunioni e le sale meeting, poiché favorisce la riflessione e la calma senza incidere negativamente sulle prestazioni mentali. Il verde risulta essere molto indicato anche per ambienti dedicati all’organizzazione di incontri d’affari, laboratori, corsi di formazione e seminari. 

Anche il viola è adatto a questo tipo di ambienti. Esso infatti favorisce l’ispirazione, aiuta a moderare l’irritabilità e gli stati impetuosi di irragionevolezza improvvisa, tutto questo insieme al rallentamento dell’attività cardiaca, diventa un prezioso alleato per allestire un’area riunione ad hoc.

Quali colori usare per aree conviviali, hall e ingresso 

I colori caldi invitano, per loro natura, alla convivialità, alla loquacità e alla voglia di permanenza all’interno dell’ambiente, e diventano quindi ideali per arredare aree ristoro, reception e zone ingresso. In particolare ritroviamo il rosso, simbolo principe della vitalità, nelle sue varie nuance. Esso è legato alla rappresentanza, che comunica energia e vitalità, biglietto da visita perfetto per l’immagine aziendale quando si varca la porta d’ingresso. 

L’uso del colore, nelle sue svariate forme e intensità, diventa quindi un mezzo importante per esprimere i valori aziendali e la filosofia che ne deriva. Ricorda, non serve riempire di colore ogni singolo centimetro dell’ufficio. Il bianco è un ottimo alleato degli interni, soprattutto se piccoli, perché esso illumina l’ambiente senza stancare gli occhi. 

Spargere piccoli accenni di colore sulle mensole, le librerie o le scrivanie può aiutare a vivacizzare l’ambiente senza esagerare. Pensiamo a raccoglitori, lampade, fiori, quaderni, tende e altri accessori che possono donare carattere all’ufficio senza riempire tutto lo spazio;

Influenzando la percezione dei lavoratori, incrementando il loro senso di appartenenza, il coinvolgimento e le abilità di pensiero divergente si può, senza dubbio affermare, che la scelta dei colori ha una certa importanza nella strutturazione degli spazi lavoro, per avere un alto benessere degli individui e un’alta produttività.

Smartworking che stress

Lunghe giornate collegati al computer di casa. Pochi rapporti con i colleghi di lavoro. Una postazione scomoda e non adatta a tante ore di lavoro. Questi sono solo alcuni dei concetti che vengono approfonditi da Marco Vitiello, coordinatore Gdl Psicologia del Lavoro presso Ordine Psicologi del Lazio e autore, durante l’intervista tenuta da La Repubblica. Lo stress da lavoro è in agguato dietro ogni angolo della casa da quando lo smartworking è entrato così prepotentemente nelle nostre vite. 

Come riconoscere lo stress da lavoro

Quali sono quindi gli elementi tipici dello stress da lavoro individuati dall’esperto?

Lo smartworking, da un anno a questa parte, ha preso possesso della nostra quotidianità in toto. Esso, nel tempo, ha creato alcuni tipi di problematiche che si ripercuotono sull’individuo come, per esempio, tecnostress e overworking. Il covid-19 già di per sé ha portato un isolamento forzato nelle nostre vite, elemento che è stato poi incrementato dalle conseguenti pratiche di lavoro a distanza. Così facendo sono stati eliminati tutti i tipi di rapporti umani che normalmente avevamo durante la nostra giornata tipo.

Consigli utili per lo smartworking

Cosa può fare il datore di lavoro a riguardo? Egli deve rimettere in discussione l’organizzazione del lavoro, la gestione delle singole persone e delle loro performance lavorative. Modelli di guida, leadership, dotazioni ergonomiche: tutto va ripensato in modalità diverse e studiate ad hoc per il momento che stiamo passando. Si introducono in questa nuova realtà anche altri attori che stanno rispondendo bene alle nuove esigenze: i coworking. Essi si adattano perfettamente a questo periodo, dando la possibilità alle aziende di appoggiarsi alle loro strutture.

I consigli che Marco Vitiello condivide durante l’intervista sono 3:

-recuperare, dedicandosi tempo per recuperare le proprie energie

-disconnettersi dalle tecnologie 

-avere più cura di sé in tutti i sensi, sia psicologicamente che fisicamente.

Attenzione al work-life balance

Conciliare vita privata e lavorativa è possibile? Un altro nodo da sciogliere riguarda proprio il bilanciamento tra le due aree della nostra vita. Lo smartworking ha sicuramente dei vantaggi, ma se non organizzato attentamente rischia di autodistruggere tutti i suoi pregi. La nostra perenne connessione ci toglie tempo libero e libertà. Ci siamo abituati a fare tutto da soli, senza più l’ausilio di nessuna attività: dal fare la spesa online all’ordinare le medicine in farmacia, tutto avviene da soli mentre si è online. Le istituzioni devono dialogare fra loro per inserire nella nuova disciplina, nel nuovo modo di lavorare il fattore psicologico come uno dei fattori rilevanti. Questo perché, tale fattore, impatta sulle persone che di fatto costituiscono le organizzazioni. 

“È così ovvio che ce ne dimentichiamo” dice Marco Vitiello ed è vero. 

La psicologia rischia di mettere in ginocchio intere organizzazioni e aziende, che basano ovviamente la loro forza sulle persone e sul loro lavoro, perché essa ha valenza sia sulla nostra vita privata che non.

NEARWORKING e i suoi vantaggi: la tua città in 15 minuti

Ragazzo in bicicletta che gira per la città

Non tanto tempo fa è nata in noi di Coworking Lab un’esigenza: vivere la città a pochi minuti di distanza da casa. Quindi vi illustreremo cos’è il nearworking e i suoi vantaggi.

E chi avrebbe mai pensato che questa idea si sarebbe presto rivelata qualcosa di così rivoluzionario e condivisibile?

Tale esigenza, si è resa sempre più necessaria agli occhi dei più. Con l’arrivo della pandemia da Covid-19, recarsi fisicamente sul posto di lavoro sembrava, e sembra tuttora, un’attività da dover accantonare.

L’idea di dover prendere i mezzi, in città affollate come Milano e con l’arrivo delle varianti straniere, è diventata un incubo, e perciò si è optato per modalità di lavoro da casa e da remoto, che non si adattano di certo a tutti i tipi di lavoro. 

La via di mezzo che si prospetta davanti a noi riguarda quindi un nuovo modo di pensare la città, che prende il nome di Nearworking.

Cos’è il Nearworking

Questo cosiddetto lavoro di vicinato sta per essere sperimentato proprio dal Comune di Milano, pronto a promuovere un nuovo concetto di lavoro a distanza.

In questo modo, non solo ritorneremo a vivere una sorta di normalità uscendo dalle nostre abitazioni, ma eviteremo anche tutta una serie di grandi spostamenti ad oggi ancora molto rischiosi.

Una nuova concezione di lavoro e di vita che ci farebbe guadagnare in salute, benessere e sostenibilità, oltre che farci risparmiare un sacco di tempo.

La sperimentazione del Comune di Milano

A febbraio 2021, un anno dopo l’irruzione del Covid-19 nelle nostre vite, l’Amministrazione di Palazzo Marino ha presentato il Nearworking, come una sorta di terza via al lavoro da remoto

Questa modalità è stata pensata per ridurre gli effetti negativi dello smartworking, come il senso di isolamento e il burn out, a favore dei suoi benefici, a partire da un migliore work-life balance.

Il Comune di Milano ha pensato proprio a tutto e l’Assessora alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane Tajani commenta così: 

La sperimentazione si inserisce nel generale ridisegno dei tempi della città, dovuto all’emergenza Covid, ma rappresenta un modello valido in sé, da proporre anche al settore privato, utile a migliorare la vita della città e la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro per i singoli individui” (vedi articolo).

Nearworking e i suoi vantaggi

Sta dunque prendendo forma un nuovo scenario davanti a noi. Uno scenario che punta a decongestionare il traffico, a ravvivare i piccoli quartieri che godranno di spazi attivi e attività commerciali funzionanti, ad aumentare la digitalizzazione e limitare gli spostamenti dalla periferia verso il centro per motivi di lavoro. 

L’obiettivo ultimo è arrivare ad una città dove tutto sia raggiungibile in 15 minuti.   

Pensate a come sarebbe più semplice la nostra vita se la mattina, uscendo di casa per andare a lavoro, ci bastasse prendere la bicicletta fuori dal garage e pedalare pochi minuti per arrivare in ufficio. 

Come sarebbe la nostra vita se ci bastassero 4 passi a piedi per raggiungere ogni giorno la nostra destinazione o come sarebbe, per chi ha figli, poter tornare a casa in tempi brevi ed essere sempre facilmente raggiungibili.

Da ogni prospettiva da cui lo si guardi, il Nearworking, sembra essere la perfetta via di mezzo in vista di un futuro ancora nebuloso. 

Il coworking fa bene alla salute

Sapevi che il coworking fa bene alla salute? Avete presente la giornata di un libero professionista che lavora in maniera autonoma, in un contesto isolato, magari in casa propria?

Prima del coworking

Sveglia alle 7:00, colazione in famiglia, pochi passi ed eccolo lì nella stanza accanto adibita ad ufficio. Pausa caffè, pausa pranzo con i propri cari e passeggiata fuori, sempre se il tempo lo permette. Di nuovo quattro passi e ritorna in ufficio aspettando la fine della giornata lavorativa. Manca poco all’ora di cena, solite faccende da sbrigare e poi eccolo a letto, pensando alla giornata seguente, con la solita routine.

Lavorare così, inizialmente può sembrare stimolante, ma con il passare del tempo possono subentrare problemi quali la noia, lo stress, la scarsa concentrazione, che per quanto banali non sono da sottovalutare. Non c’è più distinzione tra l’ambiente di lavoro e quello domestico, non si ha la possibilità di confrontarsi con altri professionisti e le distrazioni sono comunque tante (immaginate per esempio un padre di famiglia con dei bambini in giro per casa). Vengono a mancare una serie di stimoli che inevitabilmente possono portare a conseguenze anche dal punto di vista lavorativo.

Con il passare del tempo ciò che poteva essere un grande vantaggio (lavorare da casa), rischia di diventare il principale motivo di insoddisfazione personale.
Per poter svolgere al meglio il proprio lavoro bisogna essere in uno stato di benessere sia fisico che mentale. Ed è questo uno dei motivi per il quale il coworking fa bene alla salute.

Ed eccolo lì il nostro libero professionista che inizia a pensare, a voler cambiare, a cercare nuovi stimoli, nuovi ambienti e soprattutto altri lavoratori con cui relazionarsi. Ha bisogno di un senso di comunità e di benessere che solo in un coworking si può trovare (questo un secondo motivo per il quale il coworking fa bene alla salute). Immaginiamo adesso il nostro freelance che ha deciso di dare una svolta alla sua vita.

Vita in coworking…perchè il coworking fa bene alla salute

Solita sveglia alle 7:00, colazione in famiglia e poi subito in macchina verso quel nuovo modello lavorativo, quel nuovo ufficio, quella nuova postazione autonoma ma che allo stesso tempo è circondata da altri professionisti con cui scambiare idee, condividere il proprio lavoro. Nuovo ambiente, bel design, spazi ben suddivisi, funzionali, silenziosi, tanti freelance tutti motivati, concentrati e appassionati del proprio lavoro…Una grande armonia!

Difficile in un ambiente così non essere concentrati, non aver voglia di lavorare, di dare il meglio proprio come tutti gli altri “colleghi’’ accanto.
Pausa pranzo con Marco e Serena, ingegnere informatico e avvocatessa, grazie ai quali tra una chiacchiera e un caffè hanno dato al nostro libero professionista una buona idea, che gli ha permesso di portare a termine un bel progetto lavorativo. Il bello di un coworking è proprio questo, confrontarsi, scambiarsi idee, consigli e perché no? far nascere anche delle collaborazioni.

Sono tante infatti le start up nate proprio in questi ambienti, tra persone che hanno condiviso e messo insieme le proprie professioni, idee, realizzando i migliori progetti lavorativi. Adesso il nostro libero professionista è contento, ispirato. Va a letto pensando ad una nuova giornata lavorativa in quel coworking, in cui regna la stima, la condivisione, la concentrazione. In quel nuovo ufficio in cui, tra una pausa caffè e una passeggiata in giardino o in terrazzo, vi è quello scambio di idee che non può che portare miglioramenti dal punto di vista lavorativo.

Ed è proprio quel benessere e quel senso di community che stava cercando!

Come è stato il 2020 secondo gli italiani?

In questo articolo vedremo come è stato il 2020 secondo gli italiani grazie ad un’indagine. In generale 1 italiano su 2 (54%), valuta il 2020 come un anno negativo. Al contrario, il 18% degli italiani ne ha una visione positiva. In particolare sono le persone che si trovano nella fascia d’età intermedia ad avere una visione migliore dell’anno, infatti tra chi ha 25-34 anni il 30% dà una valutazione positiva, e tra i 35-44enni sono invece il 27%.

Focalizzandoci su aspetti più specifici:

  • La famiglia sembra essere l’aspetto migliore di questo 2020, il 50% degli italiani infatti sostiene che quest’anno il rapporto con la propria famiglia sia positivo.
  • Nonostante tutto, il 39% delle persone ritiene che per la propria salute possa considerarsi un anno positivo (rispetto al 19% che invece dà un giudizio negativo).
  • Per quanto riguarda il lavoro/la carriera, 1 persona su 3 ha valutato il proprio anno in maniera negativa, solo 1 su 4 invece in maniera positiva.
  • Anche l’economia viene valutata prevalentemente in modo negativo: 1 persona su 2 infatti dà un giudizio negativo all’aspetto economico (contro un 17% che ne dà un giudizio positivo).

Il 2020 secondo gli italiani…quali sono gli aspetti positivi?

Il 2020 è stato appunto un anno in cui abbiamo vissuto in maniera diversa la nostra vita quotidiana, e una buona parte degli italiani (84%) riesce a riconoscere che alcuni aspetti sono stati positivi.

In particolare il “tempo guadagnato” sembra essere la migliore risorsa di quest’anno. Abbiamo avuto più tempo da trascorrere in casa (42%), con la propria famiglia (42%) e per sè stessi (34%). Altri aspetti ritenuti positivi da circa 1 persona su 4 sono l’aver risparmiato dei soldi, la scoperta di nuovi servizi (come le videochiamate, la spesa online…), l’aver avuto la possibilità di lavorare da casa per un certo periodo e aver coltivato un hobby.

Lavorare in un outdoor space?!

Outdoor space, ovvero spazi all’aperto dedicati al lavoro, possono sembrare tutto tranne che una soluzione stabile come ufficio. Tuttavia, come prevedibile, la pandemia Covid-19 ha accelerato la ricerca sull’architettura degli spazi di lavoro condivisi, già peraltro in fermento, e certi risultati sono imprevedibili.

Prima dell’emergenza si discuteva molto sulla fine dell’openspace. Abbiamo ospitato sul nostro magazine più di un contributo sul tema, e sulla riduzione dei patogeni presenti nell’area. Con lo sviluppo di vernici, soluzioni di arredi, sistemi di areazione e l’uso di smart pot e di particolari tipi di piante. Ti consigliamo di guardare anche la nostra sezione DEVs.

Sempre più sofisticato, l’ufficio condiviso e flessibile come lo conosciamo è destinato ad uscire da questa stagione con tantissime nuove idee e possibili soluzioni.

Non sempre praticabili e per tutte le tasche, alcune segneranno la differenza. Le vedremo nei prossimi mesi fino a diventare la norma, altre saranno riadattate al contesto locale e alle possibilità degli operatori e si mescoleranno alla dotazione classica degli spazi di lavoro condivisi.

Lo sarà anche per il cosiddetto outdoor space?

Second Home Hollywood primo esempio convincente di outdoor space

L’azienda britannica Second Home, operatore internazionale con sei sedi a Londra, Lisbona e Los Angeles, ha realizzato e sta sperimentando la formula dell’outdoor space.

Fornendoci un clamoroso esempio urbano di cui non potevamo non parlare – nel contesto vacanziero o del retreats è un discorso già avviato. Vedi il nostro articolo sul bleisure.

Aperta alla fine del 2019,  Second Home Hollywood a Los Angeles ha adottato un approccio unico per la costruzione di 60 uffici separati. “Quello che avremmo potuto fare è entrare in un grattacielo, aziendale, edificio senz’anima, comprare un pavimento e mettere alcuni box”, dice Rohan Silva, cofondatore e CEO di Second Home. “È un modo economico per creare spazio.”

L’azienda con l’aiuto di SelgasCano, famoso studio di architettura guidato da José Selgas e Lucía Cano, ha ristrutturato un edificio storico dei primi anni 60 del novecento di Paul Williams. Primo architetto nero riconosciuto del paese, e insieme ha puntato su una soluzione che è la svolta salutare.

Nel cortile sul retro, dove ha affittato oltre 4500 mq di parcheggio, si è liberata dell’asfalto e ha deposto 700 tonnellate di terreno e vegetazione. Tra cui 6.500 tra piante e alberi di 112 varietà. In mezzo a tutto questo verde, l’azienda ha costruito 60 “uffici da giardino”, che sono spazi di lavoro a forma di fagiolo progettati per pochi lavoratori ciascuno. Questo design consente a individui o gruppi di lavoro di avere ciascuno il proprio spazio dedicato, messo in “quarantena” da altre persone.

Postazioni coworking Second Home Hollowood 3 800

Le pareti acriliche lasciano entrare molta luce. Le unità dispongono di ventilazione su ogni lato (oltre all’aria condizionata), aspirando aria fresca anziché ricircolata in ogni ufficio. Non è proprio come lavorare all’aperto, ma la soluzione offre questo tipo di sensazione insieme al comfort di un riparo e la qualità dell’aria della natura.

L’ex parcheggio è diventato la foresta urbana più fitta della città e per accedere al proprio ufficio non è necessario prendere angusto in ascensore, ma attraversare la foresta…

Ingresso uffici Second Home Hollowood

Lo spazio è stato progettato per la salute, fino ai ripiani curvi in Corian che hanno permesso di tagliare le scrivanie senza linee rette (perché non ci sono linee rette in natura). Accade così che Corian sia anche popolare in contesti ospedalieri per la sua superficie non porosa che è facile da sterilizzare. Ma solo perché è stato progettato per il benessere generale non significa che sia stato progettato per una pandemia.

Il cofondatore Rohan Silva ha dichiarato: “In realtà ciò a cui pensano i nostri architetti è come abbracciare campi come la psicologia evolutiva e la biofilia. Non ci siamo evoluti nel corso di milioni di anni in ambienti che sembrano edifici grigi omogenei. Vogliamo piante, stagionalità e luce naturale […]. Si scopre che l’enfasi sulla salute è molto utile in questi momenti.”

Per quanto riguarda il modo in cui Second Home sta andando, Silva ammette che la presenza dei coworker è diminuita nella sede di Los Angeles durante la pandemia quando le persone sono state licenziate, ma i numeri sono in crescita nell’ultimo mese. Una intuizione che ha trovato parlando con le grandi aziende è che in futuro vogliono poter affittare stanze di dimensioni di cui Silva non avrebbe mai pensato di aver bisogno, con spazi per riunire i team di lavoro da casa per le sessioni di onboarding e brainstorming dei dipendenti.

“Abbiamo una sala riunioni per 200 persone e sale per 20 persone, niente in mezzo”, afferma Silva dell’area dell’edificio principale di Second Home. “Penso che andando avanti. . . avremo bisogno di vedere molta più flessibilità. Avremo bisogno di uno spazio [dove] puoi rimuovere una partizione e spostare alcune piante in modo che diventi un posto per 60 persone “.

Di sicuro qui si anticipano temi e soluzioni che vedremo presto sviluppate anche nella vecchia Europa, come salute, sostenibilità, recupero, benessere, presenza/distanza, flessibilità.

E al tramonto, le luci degli indaffarati “fagiuoli” creano uno scenario davvero unica di fermento e creatività…

L’ufficio senza l’ufficio sei curioso dei prezzi?

Se passate per Los Angeles, il Day Mambership è di sole 25$ al giorno (stampe e caffe espresso al bar illimitati). Prenotando almeno un mese, la Roaming Membership, accesso agli hot desk e alle aree comuni di tutto lo spazio, è di 400$ al mese.

Se invece cercate una soluzione residente, scrivania riservata in uno spazio di lavoro tranquillo. Se cercate spazio circondato da piante e alberi, perfetto per singoli e piccoli team il costo è circa 675$ al mese. 3.200$ per lo Studio membership, nel caso vogliate spostare l’intera vostra squadra.