Inge de Boer (Food in the Streets)

Inge de Boer

Raccontaci di te! Qual è la tua passione più grande? Cosa ti piace di più di Milano? C’è un tuo posto del cuore che consigli qui in zona Lambrate?

Mi chiamo Inge de Boer sono olandese ma nel 2012 mi sono trasferita a Milano con mio marito. Il nostro obiettivo sarebbe stato quello di realizzare un’esperienza all’estero della durata di un anno, avevamo molta scelta ma alla fine ci siamo decisi per il sud dell’Europa. Dopo tanta ricerca abbiamo scelto Milano, un centro economico, sociale e culturale molto ampio. Pensate che solo nel 2015 è stato presentato l’EXPO in questa città, evento internazionale e multiculturale. Ci siamo trasferiti con l’idea di rimanere veramente per poco ma ci siamo trovati veramente bene. Così dopo molti anni siamo ancora qua, si sente l’aria di quartiere ma rimani comunque in una città molto grande, il fascino della tradizione italiana in un ambiente ricco di connessioni, in cui sviluppare conoscenze e nuove opportunità di lavoro.

Inge de Boer Raccontaci del tuo lavoro! In cosa consiste? Perché hai scelto questa professione? Come si svolge una tua giornata lavorativa-tipo?

Nasco come architetto ma il mio obiettivo non è mai stato quello di disegnare. In Olanda ho avuto modo di fare alcune esperienze nell’ambito ma quando sono arrivata qua ho deciso di impegnarmi nei miei progetti. Ho sempre sognato di organizzare eventi in special modo legati al cibo e la relazione di quest’ultimo con la città, ho lavorato con EXPO e ho creato itinerari per i turisti a Milano coniugando punti di interesse e cibo. Questa è una delle attività che mi ha dato di più, il lavoro mi ha portata a intraprendere nuovi programmi, di fatti ho continuato nell’ambito ma creando un tour alla portata di tutti. In due ore porto i visitatori a scoprire le bellezze di Milano e le sue curiosità.

Raccontaci della tua esperienza in Coworking Lab! Cosa ti ha portato a scegliere questo coworking? Da quanto lavori qui? Quali sono le cose che apprezzi di più?

Arrivare in uno spazio coworking per me è stato necessario, non volevo passare tutta la mia giornata in casa da sola di fronte ad uno schermo. Sono riuscita a trovare un luogo interessante che riuscisse a unire lavoro, socialità e non troppi spostamenti. Questo è uno spazio bellissimo, con molta luce e tantissime opportunità; con gli anni nonostante alcune pause per impegni personali, sia io che mio marito siamo rimasti fedeli a questo spazio.

Tra i fattori che apprezzo maggiormente, e che mi hanno convinta a rimanere qui, si fa spazio l’importanza di aver trovato un ambiente familiare e accogliente; non sono sotto le direzioni di capi e principali, sono io con altri colleghi che partecipiamo attivamente alla costruzione dell’ambiente in cui viviamo. L’aspetto della socialità è un’altra delle motivazioni che mi colpiscono di più, ho avuto modo di conoscere molte persone e crearci un rapporto umano interessante, dal momento che c’è molta assiduità nella presenza al coworking.

Raccontaci delle opportunità di business che si sono create, o che ti piacerebbe creare, nella community! Hai già sviluppato dei progetti di business con altri coworkers? Come sono nati?

È interessante come le persone che ho conosciuto riesco a viverle a 360° sia nella vita quotidiana che negli aspetti lavorativi. Non sono mai nate collaborazioni concrete ma riconosco che ogni giorno ci sono tanti scambi di idee. Ogni approccio al lavoro è diverso e alle volte riuscire a guardare il mondo da un’altra prospettiva è quello che potrebbe risultare il punto di svolta. Sono costantemente influenzata dai miei colleghi, prendo ispirazione e spunto da ogni loro consiglio applicandolo ai miei progetti, alla mia storia e ai miei obiettivi.

Come si sono evoluti? Vedi altre possibilità di sviluppo con altri coworkers?

Negli anni ho avuto modo di crescere anche con l’aiuto di altri coworkers. Ci aiutiamo e ci ispiriamo a vicenda è un rapporto molto positivo e costruttivo. È un ambiente molto dinamico e ricco di cambiamenti non so cosa avrà il futuro in serbo per me ma ne sono incuriosita.

Inge de Boer perché scegliere te? Cosa rende il tuo lavoro differente rispetto ai competitors?

Il pubblico con cui lavoro per ora è molto ristretto. I miei tour vengono svolti in olandese per cui sono principalmente indirizzati a chi conosce la lingua. Sono una guida che comunica quindi con una serie di persone che potenzialmente non troverebbero un accompagnatore in grado di presentargli la città. Inoltre, garantisco ai miei clienti un servizio ottimale, di una guida che, oltre ad aver compiuto degli studi, vive a pieno le dinamiche della metropoli.

Chi fa un tour con me riesce a visitare un luogo turistico dalla prospettiva di chi abita in Italia, porto i turisti a comprendere le tradizioni e ad eseguire riflessioni riguardanti la vita in questo paese, non è scontato che le guide si concentrino su questi aspetti. Un esempio che spesso riporto è quello del caffè, è una bevanda che in Italia ha un significato storico e culturale ma spesso i turisti non ne conoscono il significato, proprio per questo mi impegno nell’esplicare quali sono nell’effettivo le tradizioni e le loro valenze culturali.

Contaminazioni. Quali sono le tue passioni? In che modo questi interessi sono rilegati ai tuoi hobbies o divengono carburante per le tue idee?

Tra gli interessi più evidenti che ho noto la voglia continua di scoprire, sono molto curiosa, mi piace prendermi del tempo e andare alla ricerca di tutto ciò che non conosco. Questa caratteristica è fondamentale nel mio lavoro, in primis sono venuta a conoscenza del coworking se non fossi stata una persona curiosa, non avrei mai scoperto. Inoltre, il mio tour risulta interessante e migliore della concorrenza perché risulta diverso da quello degli altri. Ho trovato nel tempo luoghi interessanti ne racconto la storia, così da costruire un giro di clienti appassionati e vogliosi di conoscere tante cose, come piace fare a me. Riporto la mia passione in tutti gli ambiti, ad esempio, anche nella mia vita privata e familiare.

Possibile flop dello smart working

Lo smart working è una modalità di lavoro ottimale soprattutto se pensiamo a tutti gli spostamenti evitati, all’efficienza lavorativa, al netto risparmio per le imprese e alla possibilità, per le famiglie, di rimanere in comodità.

La domanda che ci poniamo riguarda però tutti gli altri aspetti che ci sono dietro lo smart working. A partire dagli effetti che il cambiamento ha apportato ai singoli individui. Se questa modalità da un lato è riuscita a cambiare felicemente le sorti di alcune famiglie per altri invece è stato un cambiamento gravoso che non ha fatto altro che rendere il nucleo o la persona molto infelice e priva di stimoli. Per cui ci teniamo a specificare tutti i lati negativi che lo smart working forzato ha apportato:

Una delle motivazioni principali è il fatto che non ci siano più orari stabili. Accade spesso che le giornate di lavoro si allunghino e che non vengano rispettate le otto ore giornaliere di assunzione.

Lo stile di vita che adottato forzatamente durante la pandemia è ovviamente molto statico, si resta molto a casa e non si hanno troppi impegni. Questo ha portato molti capi e direttori ad approfittarsene chiedendo ai dipendenti lavoro straordinario perché di base “a casa senza fare molto altro”. Quando invece l’opportunità dello smart working se ben organizzata e disciplinata potrebbe essere veramente una risorsa per tutti.

Così i lavoratori hanno smesso di avere stimoli, stare in casa con la sensazione di essere privati di una libertà e l’essere impotenti nei confronti di una situazione ingestibile, ha portato tutti all’esasperazione. Non esistono più dinamiche sociali capaci di bilanciare la situazione e tutti gli aspetti negativi hanno obbligato le istituzioni a prendere provvedimenti.

La commissione Lavoro e Affari Sociali della Camera ha discusso e approvato l’emendamento per il decreto Covid che riconosce “alla lavoratrice o al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati”.

La mancata intelligenza delle aziende, le quali si sono comportate solo ed esclusivamente a favore delle proprie necessità dimenticando l’importanza e la tutela dei lavoratori, ha fatto emergere problematiche non indifferenti arrivando all’estremo:

la necessità di una legge che prevedesse il diritto alla “disconnessione”.

Internet e le tecnologie sono un mondo alienante che, se privo di controllo, non è gestibile. I datori di lavoro dovrebbero procedere a piccoli passi garantendo ai propri dipendenti sostegno e cura. Al contrario tutti i cittadini hanno subito cambiamenti. L’impossibilità di uscire, la paura della malattia, gli ospedali al collasso, i bambini privi di attività scolastiche e attività ricreative a cui si è aggiunto un ritmo di lavoro esauriente. La disconnessione è necessaria quando un individuo ne è colmo, questa decisione “non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.

Lo smart working ha dimostrato la potenza delle nostre tecnologie e il fatto che quasi tutte le professioni possono adeguarsi alle modalità tecniche e innovative. Di contro ha anche reso nota la necessità che ogni cambiamento ha bisogno di essere regolamentato. Quella del nuovo decreto è solo la prima spinta verso la creazione di misure giuste e necessarie per il corretto utilizzo dei sistemi operativi.

Di problematiche ce ne sarebbero molte altre, una in particolare rivela la sua estrema importanza. La ministra alle pari opportunità ha dato via ad una richiesta che, speriamo sia fonte di ispirazione per ulteriori leggi. Riuscire a offrire ai genitori di figli positivi al Covid, giorni di malattia aggiuntivi. Questa è un’esigenza dal momento che la positività alle volte permane anche per più settimane, i bambini non possono uscire o partecipare a alcuna socialità.

Essere genitore o vivere in un nucleo familiare sempre e in continuo contatto può essere estenuante. Molte famiglie non hanno abbastanza spazi per trovare una propria tranquillità, altre sono molto stressate perché le dinamiche sono pesanti. Altri genitori sono estremamente stressati e altri risentono molto la pesantezza dell’isolamento sociale. Forse ogni amministrazione dovrebbe discutere su come migliorare il rapporto con il lavoro dei loro dipendenti. Siamo molto lontani da un buon risultato, quasi un italiano su sei non vorrebbe continuare con lo smart working.

Cosa ne pensa Milano dello smart working

Un’indagine della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro presenta una statistica basata su Milano. Questa dimostra che l’esperienza di lavoro a distanza viene bocciata da quasi un intervistato su due. Alla richiesta infatti di indicare quanto siano contenti della propria situazione viene dichiarato apertamente che l’attività in presenza è nettamente più appagante. Gli intervistati sono comunque di entrambe le fazioni, che pro e che contro, il 16,1% afferma di essere molto soddisfatto mentre il 17,2% molto insoddisfatto. Tra i lavoratori in presenza le percentuali sono più ravvicinate il 10,4% è soddisfatto mentre il 10,1% è insofferente.

Un risultato a dir poco sorprendente, i lavoratori sono praticamente divisi a metà, il risultato è sicuramente condizionato dalla situazione generale, dal contesto generale, dalle paure e timori personali, dalle modalità che hanno attuato le aziende per prevenire eventuali contagi.

Il 16,7% dei lavoratori intervistati, circa uno su sei, guarda allo smart working come un punto di non ritorno della propria vita professionale; oltre il 10,7% cercherebbe un qualsiasi altro lavoro pur di svolgerlo da casa. Il 43,5% si adatterebbe al ritorno in ufficio, ma solo 4 su 10 sarebbero contenti di tornare a lavorare tutti i giorni in presenza. La diversità di genere ha avuto un grande impatto nel cambiamento il 52,4% degli uomini si ritengono insoddisfatti mentre le per le donne risulta il 45,7%. Le donne hanno sofferto l’allungamento dei tempi di lavoro quasi il 57% contro il 50,5% degli uomini, in termini di inadeguatezza degli spazi casalinghi il 42,1% delle donne si ritiene insoddisfatta contro 37,9% dell’altro sesso.

La differenza di genere non sta facendo altro che peggiorare, quelle precedenti sono delle percentuali allarmanti considerato che stiamo vivendo nel XXI secolo. Domandiamoci come potrebbe migliorare la situazione generale e quando verranno veramente prese in considerazioni queste problematiche. Una soluzione sicuramente potrebbe essere il lavoro in un coworking, lavorare a distanza ma con gli incentivi giusti: non nella propria dimora, lontano dal nucleo familiare, con i propri spazi e con la giusta dose di socialità.

Stefano Casagranda (Olea Medical)

stefano casagranda

Raccontaci di te! Qual è la tua passione più grande? Cosa ti ha portato a Milano (se non sei di qui)? Cosa ti piace di più di Milano? C’è un tuo posto del che consigli qui in zona Lambrate?

Mi chiamo Stefano Casagranda sono originario di Pavia, una città al sud di Milano. Il capoluogo è sempre stato un grande punto di riferimento durante tutta la mia vita, è un centro economico e culturale non indifferente che esercita la sua potenza non solo nelle città vicine, ma anche in tutta la nazione. Mi sorprende sempre il fascino di questa città, è interessante, movimentata, capace di conformarsi ai cambiamenti e a modellarsi in una splendida maniera. Di paesi e di persone ne ho viste e vissute molte, ho avuto modo di sperimentare la vita in America e in Francia. Entrambi gli episodi sono stati formativi e costruttivi per la mia persona, ho imparato molto sia dai luoghi che dagli abitanti. Dopo le mie avventure ho deciso di far ritorno in Italia, lo stato in cui sono nato e cresciuto, in particolare sono rientrato a Milano. È una città che apprezzo in ogni suo aspetto, in particolar modo per la sua vicinanza alla città dove risiedono i miei parenti e amici. Le zone che preferisco sono sicuramente il Tra le righe e l’Alcatraz.

Stefano Casagranda raccontaci del tuo lavoro! In cosa consiste? Perché hai scelto questa professione? Come si svolge una tua giornata lavorativa tipo?

Lavoro per un’azienda con sede a Marsiglia, mi sono avvicinato a questa tipologia di contratto durante il mio dottorato. È stato interessante scoprirmi e crescere insieme all’azienda mi ha dato e continua a darmi innumerevoli opportunità tra cui la possibilità di stare in Italia a lavorare per una azienda estera. Ho vissuto in Francia per stare più vicino alla mia sede lavorativa, lo stile di vita italiano mi è decisamente mancato e di fatti ho preferito farne ritorno. Mi trovo molto bene, ho conosciuto colei che adesso è la mia compagna e il mio lavoro mi soddisfa quotidianamente.

Raccontaci della tua esperienza in Coworking Lab! Cosa ti ha portato a scegliere questo coworking? Da quanto lavori qui? Quali sono le cose che apprezzi di più?

Ho scelto di avere sede lavorativa nel coworking Lab perché mi piace stare a contatto con le persone. La mia routine è comunque dettata dalle mie responsabilità e dal mio senso del dovere, e per questo sono felice di viverla in questo ambiente dinamico. Ogni giorno riesco a coordinare il mio team a distanza e generare prodotti capaci di apportare innovazione nel campo della ricerca biomedicale. Scegliere un coworking è stata la svolta per la mia vita, vivo nella città che mi piace di più al mondo, ho tempo e modo di dedicarmi alla mia compagna. La leggerezza con cui tutti i coworkers operano mi invoglia a tornare il giorno seguente e sfruttare al meglio tutto il mio tempo per rimanere produttivo nel mio lavoro.

Raccontaci delle opportunità di business che si sono create, o che ti piacerebbe creare, nella community! Hai già sviluppato dei progetti di business con altri coworkers? Come sono nati? Come si sono evoluti? Vedi altre possibilità di sviluppo con altri coworkers?

Questo è un ambiente lavorativo molto produttivo, in cui si ha modo di sviluppare un’importante aspetto di socializzazione e collaborazione. Spesso gli scambi di idee qui in Coworking mi hanno permesso scoprire abilità e interessi nella mia vita, ben diversi a quelli a cui generalmente ero abituato. Mi sono avvicinato, ad esempio, al PNL, programmazione neuro linguistica, ma anche allo sviluppo software e alla programmazione. Mi piace questo ambiente dinamico e sociale, mi sento a mio agio e in ottima compagnia, mi piacerebbe molto far fruttare questo aspetto in qualcosa di più costruito e elaborato, oltre che divertente sarebbe un ottimo stimolo creativo.

Stefano Casagranda perché scegliere te? Cosa rende il tuo lavoro differente rispetto ai competitors?

Io lavoro nel campo clinico/medico, è molto complesso in questi ambiti definire competitors coloro che si adoperano in attività simili alle mie. Nel complesso il nostro obiettivo ultimo è la salute dei nostri pazienti e quanto ci sono di mezzo delle vite umane è difficile che ci sia una competizione prepotente. Io e tanti altri appartenenti a società di tecnologie mediche, di università, di ospedali e di centri di ricerca, vediamo i nostri reciproci progressi come un aiuto e un motivo di stimolo per migliorare le diagnosi e le eventuali scoperte. In generale mi sento di rispondere alla domanda specificando che, per quanto mi riguarda, ci metto passione e dedizione in ogni aspetto del mio impiego. Mi impegno molto in particolar modo in tutto ciò che rientra nella sfera della collaborazione tra impiegati per cui anche di relazioni con collaboratori internazionali, so molto bene inglese e francese, nel caso del mio lavoro è decisamente un aspetto da non sottovalutare.

Contaminazioni. Quali sono le tue passioni? In che modo questi interessi sono rilegati ai tuoi hobbies o divengono carburante per le tue idee?

Uno dei miei interessi principali è la lettura, mi piace leggere e dedicarmi ai libri, in particolar modo ai fumetti come Dylan Dog. Amo guardare serie televisive, passare del tempo in compagnia e viaggiare. Per quanto mi riguarda ritengo assolutamente necessario un sano equilibrio tra tempo libero e lavoro, sia per mantenere alta la produttività sia per rendere le nostre giornate piacevoli, staccare la spina e ricaricarsi per me è la chiave per un grande successo lavorativo. Ogni hobby e interesse mi ha aiutato a mantenere la curiosità alta: il mio spiccato desiderio di sapere è un aspetto che ritrovo molto nella mia quotidianità lavorativa.

Mara Sala (Publiediting)

Mara Sala

Raccontaci di te! Qual è la tua passione più grande? Cosa ti piace di più di Milano? C’è un tuo posto del cuore che consigli qui in zona Lambrate?

Mi chiamo Mara Sala sono milanese da generazioni, sono nata e cresciuta qui. Milano offre grandi opportunità ed è un luogo ricco di cultura e tradizioni, moderno e pronto al cambiamento.

Mara Sala raccontaci del tuo lavoro! In cosa consiste? Perché hai scelto questa professione? Come si svolge una tua giornata lavorativa-tipo?

Amo il mondo della stampa e della comunicazione. Il primo passo in questa direzione è stata la tesi di laurea, che ho redatto analizzando le riviste geografiche di un determinato periodo storico. In quegli anni, analizzare le riviste significava passare ore e ore nelle biblioteche nazionali. Oggi l’informazione è a portata di click, ma la mia passione non è cambiata. Ho lavorato nella pubblicità, in due case editrici e ho fondato una società di comunicazione nel 1987. Oggi il mio lavoro consiste nella pubblicazione di libri e nella redazione e promozione di riviste online. Mi piace scrivere, rivedere, pubblicare. La mia giornata-tipo inizia dalla casella mail. Arrivano bozze, richieste di acquisto dal sito o comunicati stampa. Poi qualche contatto telefonico e, tutti i giorni, una simpatica pausa caffè con i colleghi.

Raccontaci della tua esperienza in Coworking Lab! Cosa ti ha portato a scegliere questo coworking? Da quanto lavori qui? Quali sono le cose che apprezzi di più?

Voler conoscere persone nuove e iniziare a lavorare in un luogo stimolante è sicuramente ciò che mi ha portata a scegliere il coworking. Coworking lab è il posto che cercavo, adatto alle mie esigenze e ricco di opportunità. Mi sono avvicinata nel 2012 e sono ancora qui, perché questo posto mi piace. Instaurare nuove relazioni è immediato e spesso si creano connessioni professionali che aprono nuove prospettive. Qui ho conosciuto la mia attuale commercialista e ho iniziato un rapporto professionale con un coworker, per il quale ho editato e pubblicato un libro. Mi sento fortunata per aver trovato questo luogo magico di aggregazione e dedizione. Non tornerei mai alle mie vecchie abitudini, perché oggi mi sento più produttiva e soddisfatta.

Raccontaci delle opportunità di business che si sono create, o che ti piacerebbe creare, nella community! Hai già sviluppato dei progetti di business con altri coworkers? Come sono nati? Come si sono evoluti? Vedi altre possibilità di sviluppo con altri coworkers?

Come ho già detto, il coworking mi è stato di notevole aiuto. Ho conosciuto la mia commercialista e ho avuto modo di collaborare con un coworker. È lo spazio perfetto: sono riuscita a dedicarmi con passione e dedizione alla mia attività, riuscendo comunque ad avere momenti di scambio e convivialità. Spero in futuro di trovare altri progetti da condividere con altri coworkers. Non vedo l’ora di mettermi al lavoro e creare un’atmosfera da team di lavoro; ci sono abituata e credo sia il modo migliore per affrontare le sfide: non essere soli. L’anno dell’emergenza sanitaria ha sicuramente troncato idee e progetti di collaborazione. Mi sono adattata alla nuova situazione, ma spero di superare presto il periodo critico e tornare alla mia vecchia routine.

Mara Sala perché scegliere te? Cosa rende il tuo lavoro differente rispetto ai competitors?

Ho molta esperienza nel settore e questo è sicuramente uno dei miei punti di forza. Sono fiera di poter dire che negli anni ho dato vita a un team autorevole, costituito da autori, redattori, giornalisti, illustratori, grafici ed esperti di libri digitali. Grazie a loro riesco ad affrontare grandi progetti editoriali, anche difficoltosi, con serietà e sicurezza. Scegliere me significa ricevere un lavoro curato nei dettagli e svolto da un gruppo di persone appassionate e positive, aspetti fondamentali quando si tratta di progetti complessi.

Contaminazioni. Quali sono le tue passioni? In che modo questi interessi sono rilegati ai tuoi hobbies o divengono carburante per le tue idee?

Questa domanda mi mette in difficoltà: ho poco tempo da dedicare alle mie passioni, ma una di queste ho continuato a coltivarla: la lettura. Leggo tutto: dai “mattoni” tecnico-scientifici ai manuali, fino ai gialli e ai saggi storici. Il mio lavoro si basa anche su creatività e immaginazione, e leggere spesso mi aiuta a individuare nuove tecniche e nuovi soggetti. Quindi sì, posso dire che esista un’importante contaminazione tra il mio hobby e il mio lavoro.

Gianfranco Bosi (GruppoZero)

Raccontaci di te! Qual è la tua passione più grande? Cosa ti ha portato a Milano (se non sei di qui)? Cosa ti piace di più di Milano? C’è un tuo posto del cuore che consigli in zona Lambrate?

Mi chiamo Gianfranco Bosi sono nato qui. Adoro Milano per la sua energia, la sua cultura, per ciò che offre, per la totale libertà di pensiero.

Un posto del cuore?! Via Ventura. I giovani proponevano i loro lavori, il loro estro, ampliando così il polo del design.

Gianfranco Bosi raccontaci del tuo lavoro! In cosa consiste? Perché hai scelto questa professione? Come si svolge una tua giornata lavorativa-tipo?

“Non sono mai stato un dipendente!” Ho iniziato lavorando a servizi legati al mondo grafico-informatico, un’esperienza che ha interessato un periodo di almeno 5 anni. Gli scenari che il mio lavoro delinea sono molto variegati, si passa dall’aspetto creativo e camaleontico in cui esperienza e design si fondono agli aspetti di natura più tecnico-burocratica; il tutto alternando progetti con privati a collaborazioni con altri professionisti.

Nel 2000 ho iniziato a collaborare con studi di architettura diversi, tra i miei principali clienti progetti legati a uffici e ristorazione. Ciò mi ha permesso di fare esperienza in diversi ambiti (dal business alle abitazioni) alternando progetti condivisi a percorsi intrapresi in autonomia.

Questo momento pandemico ha fatto sì che il mio lavoro incontrasse una crescita; collateralmente nel 2008 con la mia partner ho rilevato l’attività di “L’Erbolario” sita proprio in città studi a pochi passi da Coworking Lab presso la quale mi occupo della gestione del web marketing.

Raccontaci della tua esperienza in Coworking Lab! Cosa ti ha portato a scegliere questo coworking? Da quanto lavori qui? Quali sono le cose che apprezzi di più?

Ho incontrato Coworking Lab nel 2016, trovo che sia l’ambiente che meglio si presta per intraprendere progetti personali, più in particolare riguardo al settore dei servizi legato al contatto coi clienti dove ritrovare un perfetto match tra concentrazione e scambi interpersonali. L’organizzazione e l’attenzione al design rientrano tra le particolarità che apprezzo di più.

Raccontaci delle opportunità di business che si sono create, o che ti piacerebbe creare, nella community! Hai già sviluppato dei progetti di business con altri coworkers? Come sono nati? Come si sono evoluti? Vedi altre possibilità di sviluppo con altri coworkers?

È naturale che dalla community vengano fuori opportunità e risorse, contatti con persone che sono poi diventati direttamente o indirettamente partner o clienti. Spesso le esperienze che ho vissuto mi hanno dato l’impulso per fare quel “passo in più”.

Gianfranco Bosi perché scegliere te? Cosa rende il tuo lavoro differente rispetto ai competitors? 

Difficile rispondere alla domanda senza scadere nello scontato.

Credo nell’importanza fondamentale di questo numero: 1,6180339887 ……………..

Sicuramente ho una vasta esperienza maturata sul campo, presupposto per trasformare delle buone idee in un prodotto finito. Un prodotto architettonico si materializza solamente se chi l’ha ideato possiede un’eccellente padronanza nel mescolare 4 ingredienti fondamentali:

1. l’estetica (e qui si apre un capitolo enorme),

2. le proporzioni,

3. la conoscenza dei materiali, della tecnologia e della fisica (indispensabile non solo per realizzare l’idea ma anche per farsi venire delle idee,

4. l’implicazione sociale del prodotto architettonico (altro capitolo enorme).

Altra capacità fondamentale che un buon architetto deve avere è quello di pensare in 3D se non addirittura in 4D, mai progettare solo in pianta, soprattutto nell’interior ricordiamoci che il progetto non si conclude ad altezza occhi, rimane ancora una buona parte di volume sopra di voi da progettare.

Odio la burocrazia, ma la so domare.

Contaminazioni. Quali sono le tue passioni? In che modo questi interessi sono rilegati ai tuoi hobbies o divengono carburante per le tue idee? 

La contaminazione avviene tutti i giorni, tutti i minuti, l’architetto è come una spugna, assorbe tutto quello che vede e persino inconsciamente rielabora ciò che ha memorizzato per contaminare i successivi progetti, talvolta senza rendersene conto. Il mio più grande hobby è viaggiare, l’ho fatto tanto da giovane e cerco non appena possibile di farlo anche adesso. La fotografia, strumento fondamentale per rappresentare l’architettura. Esistono fotografie che uccidono un prodotto architettonico, altre che lo esaltano. Una buona fotografia sta a una brutta fotografia come la prospettiva sta all’assonometria.

https://www.gruppozero.biz/
@gianfrancobosi

Il coworking in Italia è veramente così diffuso?

Il coworking in Italia è considerato un vero e proprio stile di vita che coinvolge in particolar modo l’aspetto lavorativo. La parola suggerisce esattamente il suo significato “lavorare insieme”! Attenzione, questo non significa che le persone collaborano su uno stesso progetto, al contrario questi lavorano simultaneamente con qualcuno che non è concretamente un collega. È un’alternativa interessante e che molti prendono in considerazione, in particolar modo i freelancer, liberi professionisti e studenti.

È una realtà diffusa in tutto il mondo, è un’opportunità per chi non possiede un ufficio e preferisce passare del tempo in luoghi più stimolanti.

In Italia il coworking è arrivato qualche anno dopo, rispetto ad altri stati europei, e si è oltretutto sviluppato con più lentezza. Ad oggi non ce ne possiamo rendere conto dal momento che la diffusione sta prendendo piede rapidamente. In particolar modo, nell’ultimo anno l’aumento di lavoratori online è aumentato drasticamente. Con l’avvento della pandemia, però, le strutture di coworking sono state chiuse come tutti gli altri centri di aggregazione. Sarà divertente scoprire quali saranno i cambiamenti in questi termini una volta finita l’emergenza sanitaria.

Storia del coworking in italia

Una volta arrivato ai confini italiani, la realtà del lavoro condiviso è solo cresciuta in termini numerici. All’inizio del 2010 si contavano solo una decina di spazi destinati a questo utilizzo, nell’intero territorio nazionale. Questi si trovavano principalmente nel nord e nel centro dello stivale, ovvero nelle zone che tutt’oggi risentono particolare influenza da parte dei territori europei.

Una delle realtà nate in questo periodo è esattamente il Coworking Lab. Questo nasce nel 2011, nel cuore pulsante di Lambrate. La città di Milano necessitava un luogo dove i liberi professionisti potessero ritrovarsi, conoscersi e scambiarsi opportunità. Si è veramente compreso il cambiamento che il mondo del lavoro stava affrontando e delle nuove necessità dei lavoratori. Con gli anni sono aumentati gli spazi e le opportunità oggi contano oltre 200 realtà e 60 aziende, le quali hanno scelto esattamente Coworking Lab per perseguire i propri obiettivi.

Nel 2017, di coworking se ne contavano più di 500. Numeri impressionanti se consideriamo il fattore principale: tutto è avvenuto in soli sette anni. Tra il 2018 e la fine del 2019 si è notato un altro forte aumento, arrivando a più di 700 realtà. La diffusione anche se partita dal nord raggiunge oggi tutte le zone d’Italia, sia che si tratti di grandi città sia di centri abitati di media grandezza. È sorprendente come una modalità di lavoro, se funzionante, riesce veramente ha cambiare abitudini e tradizioni all’interno di un paese, alle volte molto lento.

Pandemia e cambiamenti

La pandemia ha avuto i suoi effetti sia nell’ambito sanitario, sia in quello sociale che in quello lavorativo. Molti sono stati a casa per molti mesi, altri piano piano sono stati rintegrati nelle aziende e ci sono dei casi in cui i lavoratori non hanno avuto modo di riprendere le loro vecchie abitudini poiché le aziende preferiscono tutt’ora tenere a casa i propri dipendenti, abbattendo molti costi. Tenere persone negli uffici determina un quantitativo di uscite non indifferente, il riscaldamento di inverno e l’aria condizionata d’estate, i vari servizi e la mensa, tutti queste spese vengono meno se i dipendenti necessitano solo di computer e connessione ad internet.

Se per una azienda si riscontra un miglioramento in termini di guadagno, per i lavoratori cambiare così repentinamente le proprie abitudini non può che portare ad un collasso. La realtà dei coworking è molto utile in questo caso, poter comunque lavorare in un ambiente favorevole alla creatività, allo spirito di produttività e soprattutto incline alla socializzazione non può che stimolare i dipendenti.

Le strutture stesse, però, durante i mesi di pandemia hanno tenuto i battenti chiusi, alcune hanno riaperto, altre non ce l’hanno fatta. I numeri sono nettamente cambiati tra il 2020 e il 2021 ma prima ci teniamo a specificare su cosa si basano le nostre analisi.

In qualunque caso saremmo molto curiosi di scoprire come si traformeranno le sedi coworking una volta finita l’emergenza sanitaria, le strutture si stanno già mettendo a lavoro. È il caso del Coworking Lab i quali puntano a realizzare un nuovo sogno: l’apertura del Family Lab. Un progetto che ha come focus una serie di attività, di responsabilità e di sostenibilità sociale, rivolte alla comunità locale del Comune di Milano e, nello specifico, alla zona 3.

Analisi e statistiche, fonti e studi dei coworking in Italia

Le nostre analisi di basano su studi offerti da ICSurvey. Questi analizzano i cambiamenti, in vari ambiti, che avvengono in Italia basandosi in particolar modo su risposte offerte dagli utenti. Non è il solo punto di interesse, sono analisti e sanno bene quali studi approfondire, noi ci limiteremo a dare opinioni e informazioni basandoci sulla nostra esperienza. Partiamo dal presupposto che nel nostro stato è molto difficile capire l’andamento della diffusione del Coworking poiché esistono molte strutture e modelli diversi (grandezze diverse, iniziative di volontariato, coworking creati in aree distinte degli uffici di un’azienda ecc.) e dunque la quantificazione risulta più complicata. Le analisi non si occupano esclusivamente di quantificare l’addensamento di realtà di lavoro condiviso, ma si basa anche su studi e approfondimenti di modalità organizzative, eventi, opportunità e statistiche generali sui direttori del settore e sulle tipologie di soci presenti.

Numeri dei coworking in italia

Attualmente, nel 2021, l’Italia presenta quasi 800 spazi di Coworking, all’incirca quasi 1 coworking ogni 76.000 abitanti. Nonostante la pandemia i numeri sono comunque aumentati ad un ritmo decisamente più lento, ma risulta comunque un fattore sorprendente. Le strutture già presenti nel territorio, negli ultimi mesi, sono rimaste chiuse e inattive, le menti però hanno continuato a sognare e mettersi alla prova questo ha portato all’apertura di circa 40 sedi durante l’anno 2020, l’anno caratterizzato da innumerevoli lockdown.

I numeri parlano chiaro quasi 500 degli spazi si trovano nel nord Italia, la maggior parte dei quali ha preso sede in Lombardia. Questa è sicuramente la regione che ha maggiori influenze estere dal punto di vista sociale, economico e lavorativo. Il coworking si è affermato velocemente nella regione, l’offerta di una sede per lavoro condiviso risulta essere 1 per ogni 44mila abitanti, in Lombardia inoltre si trova un quarto dei coworking italiani e rispetto all’anno scorso 34 sono state le nuove sedi aperte nel 2020 in piena pandemia.

Il nord come abbiamo già ripetuto più volte è la sede principale di queste strutture, oltre alla regione lombarda, notiamo maggior sviluppo in tutti i capoluoghi di regione, in generale in Veneto (ben 82 spazi) e in Emilia Romagna con 72 strutture distribuite in tutto il territorio, ance nei centri con minor densità di popolazione.

Il centro-sud italiano ha sostenuto ritmi completamente diversi, di fatti abbiamo riconosciuto una crescita nettamente inferiore rispetto ai centri urbani nordici. Questo è sicuramente dovuto alla decisione dei grandi investitori, i quali hanno preferito puntare sul sicuro scegliendo Milano. Solo nella capitale, Roma, l’indice di crescita e sviluppo è più alto, come nei capoluoghi di regione di Toscana e Marche.  Per quanto riguarda il sud dello stivale e le isole molti sono stati gli spazi di coworking che sono nati negli ultimi anni (148 luoghi di aggregazione, circa 20% delle strutture presenti nel paese), in particolar modo la Puglia ha visto nascere 43 complessi grazie agli incentivi regionali, seguono la Campania con 36 e Sicilia con 29.

Le città con più coworking

Milano è il comune con più coworking in Italia, si presenta con oltre 120 strutture e un rapporto spazi per abitanti che equivale a 1 spazio ogni 10mila abitanti. Nonostante il periodo di pandemia, le chiusure e i lockdown 30 sono le strutture nate nel 2020, un aumento a dir poco sorprendente.

Roma è al secondo posto con 62 strutture e un rapporto che indica 1 spazio ogni 42mila abitanti. A differenza del primo caso, la capitale ha risentito molto nell’ultimo anno, sarà interessante scoprire come si adatteranno gli investitori a la nuova realtà che si andrà a formare.

In tutti gli altri capoluoghi la densità di coworking è decisamente molto bassa e non sono state rivelate particolari crescite nell’ultimo anno.

Il coworking nel 2020/2021

È sorprendente realizzare che nonostante la pandemia sono comunque nate numerose sedi, in particolar modo a Milano. 800 sono le attuali strutture attive, molte delle quali operano tutt’ora in modo limitato o sono parzialmente chiuse a causa delle normative per limitare la diffusione dell’emergenza sanitaria. Alcuni coworking hanno risentito in modo particolare il peso della crisi e circa 60 strutture hanno chiuso definitivamente. L’impatto della pandemia è stato un uragano silenzioso e distruttivo anche se ci continua a sorprendere molto la volontà degli investitori che ha deciso di aprire 36 strutture nel 2020. Restiamo molto fiduciosi e curiosi di scoprire come tutte queste realtà cambieranno al fine di rivitalizzarsi e superare la crisi. Non ci resta che attendere e scoprire.

Coworking e near working per una Milano a ‘’15 minuti’’

Coworking e near working sono stati gli argomenti affrontati lunedì 15 marzo nella diretta streaming organizzata dal comune di Milano. Hanno partecipato Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il Lavoro, Attività Produttive e Commercio, Massimo Bonini, segretario Generale CGIL Milano, Vittorio Biondi, Direttore Settore Politiche Industriali e Competitività del Territorio di Assolombarda e Massimo Carraro, Founder di Rete Cowo.

Sono stati analizzati i dati relativi a 3 ricerche condotte rispettivamente dal Politecnico di Milano, dall’Università del Sacro Cuore di Milano e da Collaboriamo.

Prima indagine per Cowoorking e near working

Condotta dal Politecnico di Milano, analizzata la geografia degli spazi di coworking a Milano, dimostrato che è un fenomeno prevalentemente urbano, infatti il 51% dei coworking è concentrato nelle 14 aree metropolitane. Se ne contano ben 119 a Milano nel 2021, con una crescita del 75% rispetto al 2014. Inoltre dall’analisi dei dati sul traffico telefonico degli utenti Tim, nel periodo pre e post lockdown, è emerso che la mobilità tra il centro e la periferia è diminuita. Infatti i coworking risultano essere più sviluppati nelle aree periferiche.

Seconda indagine

Condotta da TRAILab-Università Cattolica del Sacro Cuore, è stata analizzata la trasformazione dei coworking di Milano nell’emergenza pandemica. Dalle 87 interviste dirette ai responsabili degli spazi coworking è emerso che il 75% ha perso clienti durante il 2020. Il 48% ha dovuto diminuire le postazioni. Ma nonostante questi dati negativi, è anche emerso che il 35% ha ricevuto richieste di postazioni da clienti del proprio quartiere. Vi è quindi un‘evoluzione dal punto di vista della clientela. Infatti oltre alle richieste da parte di aziende ( 52%) si sono aggiunti privati, liberi professionisti  ( 37%) che hanno sentito l’esigenza di svolgere lo smart working in ambienti diversi dalle mura domestiche.

Terza indagine

Condotta da Collaboriamo sono stati delineati i profili di coworking nella città del domani. Si punta alla realizzazione di centri di formazione a disposizione del quartiere con scambi di servizi, beni e competenze evitando così che i coworking diventino delle isole all’interno delle città. Dalle indagini è quindi emerso che il Coworking è una realtà che sta diventando sempre più concreta a Milano. Potrebbe contribuire ad avere una città fruibile e godibile in 15 minuti. Sarebbe infatti l’ideale poter raggiungere in non più di un quarto d’ora i luoghi di coworking, andando così a riorganizzare i modi di vivere.

L’amministrazione comunale di Milano vuole essere la prima a sperimentare nuovi modi di lavorare che contribuiscono alla realizzazione di un nuovo modo di vivere. Una Milano a 15 minuti in cui è possibile conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro. Lo smart working accompagnerà i lavoratori anche dopo la pandemia, perciò l’obiettivo è quello di limitare il più possibile gli effetti negativi quali il confinamento domestico e nello stesso tempo andare a ridurre il più possibile il tempo negli spostamenti. Coworking e near working è quindi l’accoppiata vincente a cui punta il comune di Milano. L’incontro è stato anche un’occasione per far conoscere la rete di coworking attivi sul territorio, distribuiti in tutte le zone della città, grandi, piccoli, ognuno dei quali mette a disposizione i propri servizi.

Sarà possibile consultare la mappa geo referenziata della città sul sito YesMilano per trovare la giusta soluzione di coworking in base alle proprie esigenze o più vicina al proprio domicilio.

Colori e spazi lavoro: come scegliere quelli giusti

Il benessere delle persone all’interno degli spazi lavoro è diventato ormai una priorità. I luoghi adibiti ad attività lavorative vengono vissuti un gran numero di ore al giorno, perciò devono essere strutturati in maniera tale da rispondere alle esigenze degli individui che li abitano e alle attività che si svolgono al loro interno.

Gli uffici devono dunque essere studiati sotto diversi aspetti. Uno di questi è il colore. I colori scelti per le pareti dei nostri uffici, delle aree break, delle cucine, infatti, possono incidere in modo importante sul nostro umore e sulla nostra produttività. Essi sono in grado di generare emozioni e reazioni diverse nelle persone. Ma esattamente come?

Cromoterapia e uso corretto dei colori negli spazi di lavoro

I colori sono dunque in grado di condizionarci, ma come?  Vediamo insieme alcuni esempi pratici.

Secondo la Cromoterapia, una medicina alternativa che utilizza i colori per aiutare a trattare disturbi di diverso tipo, in un’area operativa stimolante devono essere presenti colori caldi.

Colori come il rosso e l’arancio, che accelerano la circolazione sanguigna e aumentano la vitalità, sono tonalità perfette per aree che vogliono essere energiche e stimolanti per le persone che le vivono. L’intensità del rosso, nello specifico, va dosata con parsimonia in modo da dare il giusto vigore alle pareti dell’ufficio ma senza incorrere in un’atmosfera stressante o produttrice di rabbia.

L’allegria dell’arancione, invece, stimola la creatività e diventa quindi il colore più indicato per sconfiggere la fatica e lo stress di un’area operativa. Ottimale è la combinazione dell’arancio con un verde luminoso. Insieme stimolano atteggiamenti amichevoli, proattivi, che facilitano il coinvolgimento mentale su nuovi progetti.

Per un’area più dinamica dell’ufficio il colore perfetto sembra essere invece il giallo. Il colore più radioso per eccellenza, che agisce sulla parte sinistra del cervello, stimolando l’apparato locomotore, la sfera intellettiva e favorendo funzioni mentali come l’attenzione e l’apprendimento, riducendo la sonnolenza.

Quali colori usare per aree relax e sale riunioni 

Le colorazioni fredde hanno il potere di rallentare la pressione sanguigna e la respirazione, favorendo il rilassamento. Per esempio l’azzurro, da sempre associato alla meditazione, genera un effetto rilassante, regala un senso di pace e di serenità.

Il verde, colore simbolo dell’armonia, della natura e dell’equilibrio, è il colore della spinta verso il proprio benessere. Quest’ultimo è consigliato anche per sale riunioni e le sale meeting, poiché favorisce la riflessione e la calma senza incidere negativamente sulle prestazioni mentali. Il verde risulta essere molto indicato anche per ambienti dedicati all’organizzazione di incontri d’affari, laboratori, corsi di formazione e seminari. 

Anche il viola è adatto a questo tipo di ambienti. Esso infatti favorisce l’ispirazione, aiuta a moderare l’irritabilità e gli stati impetuosi di irragionevolezza improvvisa, tutto questo insieme al rallentamento dell’attività cardiaca, diventa un prezioso alleato per allestire un’area riunione ad hoc.

Quali colori usare per aree conviviali, hall e ingresso 

I colori caldi invitano, per loro natura, alla convivialità, alla loquacità e alla voglia di permanenza all’interno dell’ambiente, e diventano quindi ideali per arredare aree ristoro, reception e zone ingresso. In particolare ritroviamo il rosso, simbolo principe della vitalità, nelle sue varie nuance. Esso è legato alla rappresentanza, che comunica energia e vitalità, biglietto da visita perfetto per l’immagine aziendale quando si varca la porta d’ingresso. 

L’uso del colore, nelle sue svariate forme e intensità, diventa quindi un mezzo importante per esprimere i valori aziendali e la filosofia che ne deriva. Ricorda, non serve riempire di colore ogni singolo centimetro dell’ufficio. Il bianco è un ottimo alleato degli interni, soprattutto se piccoli, perché esso illumina l’ambiente senza stancare gli occhi. 

Spargere piccoli accenni di colore sulle mensole, le librerie o le scrivanie può aiutare a vivacizzare l’ambiente senza esagerare. Pensiamo a raccoglitori, lampade, fiori, quaderni, tende e altri accessori che possono donare carattere all’ufficio senza riempire tutto lo spazio;

Influenzando la percezione dei lavoratori, incrementando il loro senso di appartenenza, il coinvolgimento e le abilità di pensiero divergente si può, senza dubbio affermare, che la scelta dei colori ha una certa importanza nella strutturazione degli spazi lavoro, per avere un alto benessere degli individui e un’alta produttività.

Smartworking che stress

Lunghe giornate collegati al computer di casa. Pochi rapporti con i colleghi di lavoro. Una postazione scomoda e non adatta a tante ore di lavoro. Questi sono solo alcuni dei concetti che vengono approfonditi da Marco Vitiello, coordinatore Gdl Psicologia del Lavoro presso Ordine Psicologi del Lazio e autore, durante l’intervista tenuta da La Repubblica. Lo stress da lavoro è in agguato dietro ogni angolo della casa da quando lo smartworking è entrato così prepotentemente nelle nostre vite. 

Come riconoscere lo stress da lavoro

Quali sono quindi gli elementi tipici dello stress da lavoro individuati dall’esperto?

Lo smartworking, da un anno a questa parte, ha preso possesso della nostra quotidianità in toto. Esso, nel tempo, ha creato alcuni tipi di problematiche che si ripercuotono sull’individuo come, per esempio, tecnostress e overworking. Il covid-19 già di per sé ha portato un isolamento forzato nelle nostre vite, elemento che è stato poi incrementato dalle conseguenti pratiche di lavoro a distanza. Così facendo sono stati eliminati tutti i tipi di rapporti umani che normalmente avevamo durante la nostra giornata tipo.

Consigli utili per lo smartworking

Cosa può fare il datore di lavoro a riguardo? Egli deve rimettere in discussione l’organizzazione del lavoro, la gestione delle singole persone e delle loro performance lavorative. Modelli di guida, leadership, dotazioni ergonomiche: tutto va ripensato in modalità diverse e studiate ad hoc per il momento che stiamo passando. Si introducono in questa nuova realtà anche altri attori che stanno rispondendo bene alle nuove esigenze: i coworking. Essi si adattano perfettamente a questo periodo, dando la possibilità alle aziende di appoggiarsi alle loro strutture.

I consigli che Marco Vitiello condivide durante l’intervista sono 3:

-recuperare, dedicandosi tempo per recuperare le proprie energie

-disconnettersi dalle tecnologie 

-avere più cura di sé in tutti i sensi, sia psicologicamente che fisicamente.

Attenzione al work-life balance

Conciliare vita privata e lavorativa è possibile? Un altro nodo da sciogliere riguarda proprio il bilanciamento tra le due aree della nostra vita. Lo smartworking ha sicuramente dei vantaggi, ma se non organizzato attentamente rischia di autodistruggere tutti i suoi pregi. La nostra perenne connessione ci toglie tempo libero e libertà. Ci siamo abituati a fare tutto da soli, senza più l’ausilio di nessuna attività: dal fare la spesa online all’ordinare le medicine in farmacia, tutto avviene da soli mentre si è online. Le istituzioni devono dialogare fra loro per inserire nella nuova disciplina, nel nuovo modo di lavorare il fattore psicologico come uno dei fattori rilevanti. Questo perché, tale fattore, impatta sulle persone che di fatto costituiscono le organizzazioni. 

“È così ovvio che ce ne dimentichiamo” dice Marco Vitiello ed è vero. 

La psicologia rischia di mettere in ginocchio intere organizzazioni e aziende, che basano ovviamente la loro forza sulle persone e sul loro lavoro, perché essa ha valenza sia sulla nostra vita privata che non.

NEARWORKING e i suoi vantaggi: la tua città in 15 minuti

Ragazzo in bicicletta che gira per la città

Non tanto tempo fa è nata in noi di Coworking Lab un’esigenza: vivere la città a pochi minuti di distanza da casa. Quindi vi illustreremo cos’è il nearworking e i suoi vantaggi.

E chi avrebbe mai pensato che questa idea si sarebbe presto rivelata qualcosa di così rivoluzionario e condivisibile?

Tale esigenza, si è resa sempre più necessaria agli occhi dei più. Con l’arrivo della pandemia da Covid-19, recarsi fisicamente sul posto di lavoro sembrava, e sembra tuttora, un’attività da dover accantonare.

L’idea di dover prendere i mezzi, in città affollate come Milano e con l’arrivo delle varianti straniere, è diventata un incubo, e perciò si è optato per modalità di lavoro da casa e da remoto, che non si adattano di certo a tutti i tipi di lavoro. 

La via di mezzo che si prospetta davanti a noi riguarda quindi un nuovo modo di pensare la città, che prende il nome di Nearworking.

Cos’è il Nearworking

Questo cosiddetto lavoro di vicinato sta per essere sperimentato proprio dal Comune di Milano, pronto a promuovere un nuovo concetto di lavoro a distanza.

In questo modo, non solo ritorneremo a vivere una sorta di normalità uscendo dalle nostre abitazioni, ma eviteremo anche tutta una serie di grandi spostamenti ad oggi ancora molto rischiosi.

Una nuova concezione di lavoro e di vita che ci farebbe guadagnare in salute, benessere e sostenibilità, oltre che farci risparmiare un sacco di tempo.

La sperimentazione del Comune di Milano

A febbraio 2021, un anno dopo l’irruzione del Covid-19 nelle nostre vite, l’Amministrazione di Palazzo Marino ha presentato il Nearworking, come una sorta di terza via al lavoro da remoto

Questa modalità è stata pensata per ridurre gli effetti negativi dello smartworking, come il senso di isolamento e il burn out, a favore dei suoi benefici, a partire da un migliore work-life balance.

Il Comune di Milano ha pensato proprio a tutto e l’Assessora alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane Tajani commenta così: 

La sperimentazione si inserisce nel generale ridisegno dei tempi della città, dovuto all’emergenza Covid, ma rappresenta un modello valido in sé, da proporre anche al settore privato, utile a migliorare la vita della città e la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro per i singoli individui” (vedi articolo).

Nearworking e i suoi vantaggi

Sta dunque prendendo forma un nuovo scenario davanti a noi. Uno scenario che punta a decongestionare il traffico, a ravvivare i piccoli quartieri che godranno di spazi attivi e attività commerciali funzionanti, ad aumentare la digitalizzazione e limitare gli spostamenti dalla periferia verso il centro per motivi di lavoro. 

L’obiettivo ultimo è arrivare ad una città dove tutto sia raggiungibile in 15 minuti.   

Pensate a come sarebbe più semplice la nostra vita se la mattina, uscendo di casa per andare a lavoro, ci bastasse prendere la bicicletta fuori dal garage e pedalare pochi minuti per arrivare in ufficio. 

Come sarebbe la nostra vita se ci bastassero 4 passi a piedi per raggiungere ogni giorno la nostra destinazione o come sarebbe, per chi ha figli, poter tornare a casa in tempi brevi ed essere sempre facilmente raggiungibili.

Da ogni prospettiva da cui lo si guardi, il Nearworking, sembra essere la perfetta via di mezzo in vista di un futuro ancora nebuloso.